Perché "Il primo re" è un miracolo
Valeva la pena sopportare la puzza di popcorn per vedere un film che mostra l’importanza civile del sacro
Valeva la pena sopportare la puzza di popcorn, marchio olfattivo dei multisala, e la mezz’ora di pubblicità assordante di film tutti uguali, già evidentemente allineatissimi a tutti gli algoritmi, Netflix o analoghi. Valeva la pena sopportare anche le tante, faticose scene di violenza. Valeva la pena vedere “Il primo re”, un film che mostra l’importanza innanzitutto civile del sacro, un film più religioso di qualsivoglia produzione Lux Vide, di qualunque Don Matteo e Suor Angela, un film che è un perfetto sussidiario di storia, capace di spiegare perché Romolo abbia ucciso l’amato gemello Remo: costui era un dissacratore e un demente calpestatore di limes, antenato degli attuali nemici di muri e confini. Siccome cultura e culturame sono due cose molto diverse, “Il primo re” è stato pubblicizzato come se fosse il suo contrario: “Due fratelli in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei”. Niente è sordo al divino come l’odierno cinema. Eppure gli sceneggiatori di sitcom Rai, fiction Mediaset e pellicole di Francesca Comencini hanno partorito un film in cui il fuoco è sacro, le tradizioni sono sacre, i confini sono sacri. Miracolo.