Anche tra gli chef stellati si respira aria di rivolta
Spero di non essere mai obbligato a scegliere fra nostalgia e nichilismo, né fra Michelin e Deliveroo
Ogni volta che da qualche parte scrivo una virgola contro un cuoco o un ristorante stellato, o ancor meglio contro la guida che le stelle assegna, salgono applausi che mai ricevo quando affronto argomenti un po’ più cruciali. Anche nella ristorazione si respira aria di rivolta, e mi farebbe pure piacere perché le élite, come insegnava Vilfredo Pareto, devono circolare, ossia farsi da parte quando hanno esaurito il loro ciclo (e l’alta cucina italiana mi sembra bollita a puntino). Purtroppo i plauditori contestano gli chef algidi e anali (nel senso della personalità freudiana) in nome della cucina della nonna, una cara signora spesso defunta le cui nipoti, anziché spignattare e perpetuare, preferiscono rimpiangere e sospirare. Nel frattempo i ciclisti dei pasti a domicilio sfrecciano sempre più numerosi sotto i portici. Dio mi salvi da Mani, dai dualismi, dagli schematismi: che non sia mai obbligato a scegliere fra nostalgia e nichilismo, né fra Michelin e Deliveroo.