Abbeverarsi alla sapienza di Stefano Bonaga, l'ultimo filosofo peripatetico italiano
Lode all’autore laconico di un unico libro per giunta breve, “Sulla disperazione d’amore”, il contrario della prolissità hegeliana e dell’inservibilità analitica
Lode a Stefano Bonaga, all’ultimo filosofo peripatetico italiano, forse del mondo, alla cui sapienza mi sono abbeverato non nelle sorde e grigie aule universitarie ma sotto i rossi portici di Bologna (giustamente or ora candidati a diventare bene Unesco). Lode all’autore laconico di un unico libro per giunta breve, “Sulla disperazione d’amore”, il contrario della prolissità hegeliana e dell’inservibilità analitica. Al frequentatore di donne sempre più giovani e più talentuose, con differenza anagrafica già teorizzata nel lontano 1980 quando scrisse un testo sublime per il Lucio Dalla supremo (“Conosco un posto nel mio cuore / dove tira sempre il vento / per i tuoi pochi anni e per i miei che sono cento”). Al nostro Bernard-Henri Lévy, solo che lui non mi ha insegnato a portare la camicia bianca bensì i pantaloni di pelle nera. Insomma al mio grande maestro bolognese che l’altra sera in Piazza Santo Stefano, mentre bevendo vino gli domandavo di Agamben, Severino e Bifo, mi ha definito “l’uomo più intelligente con le idee più sbagliate”, o qualcosa del genere, facendomi felice per molte ore e forse per sempre siccome le mie idee non sono mie (la Bibbia non l’ho scritta io), mentre il tentativo di scrivere secondo ragione deriva in effetti da una scelta personale. E cosa c’è di più ragionevole del lodare chi ti loda?