Dio salvi la cravatta e con la cravatta l'uomo
La rarefazione delle gonne, l’indistinzione del vestiario maschile e femminile segnalano l’approssimarsi della perfetta intercambiabilità, e dunque della completa inutilità, dei sessi
Vado a messa e sono l’unico con la cravatta (col primo caldo ha gettato la spugna anche il sacrista). Vado a una festa e sono l’unico con la cravatta (a parte i camerieri). Mi domando come facciano i cravattifici italiani, specie quelli più fuori mano. Ne ho scoperti in luoghi impensati, a Rovigo (Zago), a Pescara (Dolcepunta), a Isernia (1829 Spilli), a Campagna (Marzullo), a San Mango d’Aquino (Arcuri), ad Alcamo (Graffeo)... D’accordo che oggi c’è internet ma parecchi dei succitati non fanno e-commerce e comunque se i clienti non esistono non c’è sito che possa crearli dal nulla. Non a caso non c’è via del centro in cui non stia per chiudere una boutique di abbigliamento uomo. Brunello Cucinelli a Pitti prova a tenere il punto: “Il problema è non rendere l’uomo una triste parodia della donna e viceversa”. Vallo a spiegare a chi guarda i mondiali di calcio femminile... La cravatta è più essenziale oggi che al tempo in cui l’uomo lo si riconosceva dai pantaloni. La rarefazione delle gonne, l’indistinzione del vestiario maschile e femminile segnalano l’approssimarsi della perfetta intercambiabilità, e dunque della completa inutilità, dei sessi: Dio salvi la cravatta e con la cravatta l’uomo.