Il contrario dell'arte è alla Biennale
Non c'è uno scopo nella rappresentazione artistica, se non quello di essere liberi da uno scopo. A Venezia hanno dimenticato la lezione di Andrea Emo
“Lo scopo dell’arte è appunto quello di liberarci dallo scopo; la liberazione dallo scopo. L’arte è la fine del fine. La liberazione dalla servitù dello scopo. La liberazione dalla necessità” scriveva Andrea Emo nel 1973, in pagine oggi raccolte da Bompiani nel grosso volume intitolato “In principio era l’immagine”. Non c’è bisogno di leggerlo tutto, basta il capitolo “Arte” per far passare ogni eventuale residua voglia di Biennale. A Venezia è infatti protagonista l’arte che ti mette al remo, che ti incatena allo scopo. Lo scopo ecologista del padiglione lituano. Lo scopo femminista del padiglione austriaco. Lo scopo multiculturalista del padiglione belga. E gli scopi antrumpiani rigurgitanti ovunque, anche nelle mostre collaterali lontano dai Giardini. Tutto il contrario dell’arte di cui parla Emo libero filosofo (libero anche dalla laurea: ascoltò solo qualche lezione di Gentile all’università di Roma, presto abbandonata per dedicarsi alla ricerca personale). Si legga Emo e si fugga la Biennale, rassegna-vocabolario di tutti i contrari dell’arte, di tutti i sinonimi della propaganda.