La “Falsa partenza” dei giovani d'oggi
Dio salvi i ventenni dalle lauree e dalle metropoli infondendo in essi l’amore per i diplomi professionali e la provincia
“Falsa partenza” di Marion Messina (La nave di Teseo) è un romanzo ma un romanzo naturalista, fra Houellebecq e Zola, dunque si capisce subito che è tutto vero. “Lei mangiava sempre i suoi fagioli in scatola davanti al telegiornale del canale TF1 la domenica”. Per la protagonista, provinciale di famiglia povera, impegnata in inutili studi, ho provato immediata compassione. “Quegli anni bloccati da una formazione superiore senza fine...”. Arrivata a Parigi dopo l’università le cose vanno pure peggio. “Quella città grigia, triste e gotica era un luogo in cui vivere solo per persone privilegiate. Per poter sostenere un affitto era necessario ricevere uno stipendio equivalente almeno a tre volte l’affitto; l’affitto medio era di cinquecento euro – senza spese – per la superficie della sua stanzetta di bambina a Fontaine”. Anche leggendo la via crucis dei lavoretti malpagati e senza futuro ho provato compassione. “Il matrimonio e la maternità le sembravano inaccessibili...”. Non dirò il finale. Pregherò che “Falsa partenza” venga letto dai ragazzi che stanno per iscriversi all’università, o almeno dai loro genitori, e che Dio salvi i ventenni dalle lauree e dalle metropoli infondendo in essi l’amore per i diplomi professionali e la provincia.