La tristezza dei mezzi pubblici
A Salvador Dalì e Ezra Pound la metropolitana non piaceva. E anche la virtù filosofica del giusto mezzo la sconsiglia
“Ogni uomo di quarant’anni che prende ancora la metro è un fallito” disse Salvador Dalì. “Un uomo intelligente non va a soffocare in una tana di talpa due volte al giorno” scrisse Ezra Pound. Dunque, vuoi per motivi anagrafici, vuoi per motivi intellettivi, il Decreto Clima non mi riguarda. Pur avendo un vecchio diesel che rottamato mi frutterebbe 2.000 euri in bonus per abbonamenti al trasporto pubblico locale. Gli autobus mi mettono tristezza solo a guardarli da fuori, se provassi a salirci mi crollerebbero le difese immunitarie. Riguardo alla metropolitana oltre ai succitati maestri c’è la virtù filosofica del giusto mezzo a sconsigliarmela: se volare è frutto di hybris, sprofondare credo significhi autodisistima. E il treno? Dipende dalle intenzioni con le quali lo si prende. Consideri il vero Dio, il Dio-Persona, che se ogni tanto viaggio in Freccia è solo per praticità, non per raffreddare il mondo come si illude di fare chi ubbidisce alle teocrazie panteiste di Roma, Berlino e Bruxelles.