Conte non è il mio avvocato
Il discorso del presidente del Consiglio all’Onu è da sergente (e io sono un renitente)
Non è il mio avvocato, Giuseppe Conte. Non soltanto perché alle ultime elezioni non ho votato e dunque non sono in alcun modo responsabile della sua presidenza. Non è il mio avvocato perché io non permetto a nessuno di mettermi ansia. Figurarsi a un consulente, a una persona che pago per filtrare i problemi, non certo per amplificarli. Esempio. Aprii un conto in Mediolanum e il banchiere cominciò a telefonarmi per mettermi fretta, affinché partecipassi a chissà quale speculazione dovevo correre in sede a firmare delle carte: lo fece una volta, transeat, lo fece una seconda volta e gli dissi di non telefonarmi mai più e di preparare i documenti per la chiusura del conto.
“La notizia che un ghiacciaio sul versante del Monte Bianco rischia di collassare è un allarme che non può lasciarci indifferenti. Deve scuoterci tutti e mobilitarci”, ha detto Conte all’Onu. A me invece lascia proprio indifferente. I ghiacciai mi interessano quanto io interesso a loro, zero. Mi interessa di più la terminologia bellica, militare, dell’ansiogeno discorso: allarme, dovere, scossa, mobilitazione... Chi parla così non è un avvocato, è un caporale, un sergente. E io sono un renitente.