Rosari da combattimento
Il problema dell'oggettistica sacra è il kitsch
“Quando brucia il tetto, non serve né pregare né lavare il pavimento. Comunque pregare è più pratico” scrisse Karl Kraus. Mentre la Chiesa sta bruciando, mentre due millenni di dottrina e devozione stanno andando in fumo, mentre a Bologna stanno minando anche il ricettario cattolico, islamizzando i tortellini cari al cardinale Biffi (sebbene, me lo garantisce Carlo Giovanardi, l’arcivescovo Zuppi non ne sapesse nulla e l’iniziativa del tortellino senza maiale sia di una sfoglina), io, sempre pragmatico, compro rosari. Il problema dei rosari, e dell’oggettistica sacra in generale, è l’estetica disperante, la plastica, la paccottiglia, insomma il kitsch. Sembrava che un rosario decente fosse reperibile solo in antiquariato. E invece sul sito di Manente Rosari ho trovato bei rosari contemporanei, essenziali, solidi, con grani di lucente acciaio (alcuni opportunamente denominati “rosari da combattimento”). Non ho comprato rosari completi, al di là della mia portata di uomo di poca fede, poca pazienza e poco tempo, ho comprato rosari-decina: meglio dieci Ave Maria che nessuna Ave Maria, e per quanto riguarda la Chiesa sarà quello che il suo divino fondatore vorrà.