Molta sapienza, molto affanno
Il saggio di Andrea Ponso circonda il Qoèlet di una fitta nebbia di parole astratte. Leggerlo mi è servito a tornare all'insegnamento del re di Gerusalemme
Qoèlet, saggio Qoèlet, dovevo darti retta. Davvero “i libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica il corpo” (pure l’anima, aggiungerei). Invece ho sbagliato: per approfondirti anziché rileggerti ho comprato “Qohelet o del significante. Proposta di interpretazione mistagogica” di Andrea Ponso. Non bastavano titolo e sottotitolo per consigliare di starsene alla larga? Purtroppo non mi sono bastati, saggio Qoèlet, tanta era la brama, o forse la vanità di sapere. Ponso ti ha circondato di una fitta nebbia di parole astratte: “relazionalità”, “visione olistica”, “sapere partecipativo, immersivo ed ergo-emotivo”, “esperienza pre-categoriale”, “azione performativa”, “reificazione dei significati”, “significante fonico”, “significante semio-genetico”… Nonostante capitoletti come “Vomito, cavità orale ed eucaristia”, Ponso non si dichiara anti-religioso, anzi: nel risvolto ci fa sapere di aver studiato all’Istituto di Liturgia Pastorale di Santa Giustina (Padova), di aver collaborato col Monastero di Camaldoli… Dunque è possibile che non l’abbia fatto apposta, che semplicemente non conosca altra lingua che la supercazzola teo-semiotica. Qoèlet, saggio Qoèlet, leggere il tuo respingente esegeta mi è servito a tornare al tuo concetto: “Molta sapienza, molto affanno”. In certi casi anche molto danno.