Contro le enoteche monoetniche di Milano, affollate di esseri inutili
Ci voleva Camilla Baresani col suo nuovo romanzo per mostrare le storture di una metropoli umanovora
Camilla Baresani mi perdoni. Nel campo della fisiologia della coppia non la batte nessuno ma del suo ultimo romanzo, “Gelosia” (La nave di Teseo), preferisco notare lo sguardo acuto sulla fisiologia della città. Sarà che le coppie non mi interessano mentre le città mi ossessionano. In particolare Milano, metropoli umanovora (quanti giovani meridionali risucchiati lassù). Solo Camilla resiste alla sirena delle magnifiche sorti e progressive che immancabilmente scatta quando si parla di Milano, scrivendo con realismo e scetticismo dei “piccoli orrori multietnici di via Padova” così come delle enoteche monoetniche affollate di “esseri inutili” (i “gagliardi minchioni che si avvinazzavano da Champagne Socialist”). E dell’alienante, fin dal nome, quartiere City Life: “Sul loro passato che stava per svanire incombevano le sagome del Dritto e dello Storto, oltre al cantiere del Curvo. I tre grattacieli di Isozaki, Hadid e Libeskind che nella vulgata promozionale dovevano rendere belle, moderne e internazionali le loro vite formichinesche”. Ci voleva Camilla Baresani per mostrare i grattacieli come un ideale da insetti.