Il Belli ci fa capire quanto era miserabile la vita pre-industriale
L’ecosistema ciociaro dell’Ottocento era talmente perfetto che pure un borghese come il poeta romano, in grado di pagare, non aveva abbastanza da mangiare
“Figurati tre giorni addietro la Sig.a Nanna non trovò un uovo per tutto Veroli, onde darmelo la sera. Per farmi un poco d’insalata cotta, bisogna ordinare la cicoria un giorno avanti. La carne di macello si deve comperare quando c’è, e poi metterla in grotta”. È una lettera che Giuseppe Gioachino Belli scrisse il 30 giugno 1831 da Veroli, in Ciociaria, alla moglie rimasta a Roma, e che io leggo nel monumentale “Epistolario 1814-1837” eroicamente pubblicato da Quodlibet. Era molto naturale il Lazio pontificio, molto sostenibile e green, senza plastica e senza sprechi, e di certo nessun verolano contribuiva al cambiamento climatico. L’ecosistema ciociaro dell’Ottocento era talmente perfetto che pure un borghese come il Belli, in grado di pagare, non aveva abbastanza da mangiare. Dunque si leggano i grandi letterati del passato non solo per il piacere della lettura, anche per convincersi di quanto fosse miserabile la vita pre-industriale (e di quanto sia necessario apporre sul culo di chi voglia importi di ridurre l’impronta ecologica un’impronta calzaturiera).