Risparmiatemi il catechismo femminista di Sanremo
La musica non conta più nulla, è solo il pretesto per somministrare molte ore di demoniaca distruzione di ogni differenza sessuale
Mi dispiace per Bugo e Morgan, artisti veri la cui canzone ascolterò in seguito, ma il Festival non lo posso vedere, tengo troppo alla mia virilità. Parafrasando Emerson, Ralph Waldo Emerson, secondo cui “la società è una cospirazione contro la virilità di ciascuno dei suoi membri”, dico che Sanremo 2020 è una cospirazione contro la virilità di ciascun italiano. Non solo di chi guarda la televisione, purtroppo: l’umiliazione-rieducazione di Amadeus è dilagata su ogni media diventando l’umiliazione-rieducazione di ogni individuo di sesso maschile dal Brennero a Pantelleria. Chi da stasera guarderà Rai Uno sarà complice di un’enorme battuta di caccia al maschio: Festival della castrazione, non della canzone. Al Teatro Ariston andrà in scena un epocale processo al pisello: la musica non conta più nulla, è solo il pretesto per somministrare molte ore di catechismo femminista, per accelerare la demoniaca distruzione di quella differenza sessuale che è legge naturale e parola di Dio. Con conseguente abbassamento del livello di testosterone fra gli uomini in ascolto. Davanti a Rula Jebreal il conduttore dallo pseudonimo vanamente mozartiano dovrà scodinzolare, se non intende avere un futuro nelle televendite. Uno spettacolo raccapricciante che voglio e devo risparmiarmi: gli ormoni mi servono.