Leonardo Caffo e l'animalismo che si fa potere
Il filosofo catanese voleva conferire uno statuto umano al suo cane Pepe e ci è riuscito dedicandogli un intero libro. C’è molto di grottesco ma non si rida, si pianga
Caffo come Caligola. O forse, in materia di capovolgimento uomo-animale, peggio di Caligola: l’imperatore romano voleva conferire uno statuto umano al suo cavallo Incitatus, nominandolo senatore o console, però non ci riuscì, venne assassinato prima, mentre il filosofo catanese voleva conferire uno statuto umano al suo cane Pepe e ci è riuscito con “Il cane e il filosofo. Lezioni di vita dal mondo animale”. Il libro è dedicato a Pepe Caffo, come fosse un fratello anagrafico. Di più: un fratello filosofo. E non un allievo bensì un maestro: non è stato Caffo ad addestrare Pepe, è stato Pepe ad addestrare Caffo, bramoso di “diventare-cane”. Adesso che è diventato, se non proprio cane, cagnista, l’autore ricompensa il Professor Botolo facendolo parlare, anzi filosofare, per capitoli e capitoli, condendo il tutto con citazioni di Deleuze e Derrida siccome gli anni Settanta nelle facoltà di filosofia non sono ancora finiti. C’è molto di grottesco ma non si rida, si pianga: l’appena trentunenne Caffo è un collezionista di cattedre e pulpiti, insegna al Politecnico di Torino e alla Naba di Milano, lavora per Radio Rai, scrive sul Corriere, Domus, Flash Art, ha già pubblicato una ventina di libri per importanti case editrici e insomma rappresenta l’antispecismo che si fa accademia, l’animalismo che si fa potere. Nel tempo in cui l’uomo fatto da Dio acconsente di venire disfatto dai filosofi.