Le mura di Cittadella
Se nei secoli scorsi gli amministratori del comune veneto avessero ascoltato le odierne favole senzafrontieriste, oggi non esisterebbe la meraviglia di un camminamento di ronda unico al mondo
Muri, non ponti. Muri anzi mura, le mura di Cittadella. Se nei secoli scorsi gli amministratori del comune veneto avessero ascoltato le odierne favole senzafrontieriste (“Ponti, non muri”), oggi non esisterebbe la meraviglia di un camminamento di ronda lungo due chilometri completamente percorribile, unico al mondo. Oggi Cittadella non differirebbe da tanti paesi smurati dove non va nessuno. Cittadella dimostra che i muri sono una risorsa, oltre che una necessità. A dispetto del lavaggio del cervello operato dal cosmopolitismo, le mura piacciono a tutti, a giudicare dalla fila all’ingresso (io l’ho scampata perché stranamente sono riuscito a svegliarmi di buon’ora e mi sono goduto il camminamento quasi da solo). “La recinzione è ciò che produce il luogo Sacro”, scrive Carl Schmitt, infatti “paradiso” deriva dall’antica parola iranica che significa “recinto”: il paradiso terrestre dei persiani, degli ebrei, dei cristiani è un parco chiuso, un giardino murato. Perché senza muri non esisterebbero delizie, che sono delicate e necessitano di protezione. Oasi nel caos di un mondo informe, Cittadella sia considerata ricordo, profezia, assaggio di Eden.