Cosa c'è di più eterno della giovinezza, carissimo Alberto?
La grandezza di Arbasino discende dalle estati dei primissimi Sessanta in cui correva lungo la penisola a bordo di una MG spider rossa
Carissimo Alberto, niente di personale: i ricordi dei nostri pochissimi incontri sono trascurabilissimi, ed essendo pre-smartphone non c’è nemmeno uno straccio di foto. Niente di attuale: nello scaffale che ti compete non riesco a trovare “Paesaggi italiani con zombi” (dove si è cacciato?) e lo interpreto come segno, come esortazione a non cercare nella tua opera facili nessi con questo mortifero presente. Qualcosa di eterno, invece. E cosa c’è di più eterno della giovinezza? Carissimo Alberto, sei morto a novant’anni e di te mostrano immagini recenti in cui risulti tragicamente vecchio: immagini inutili prima ancora che insultanti. La tua grandezza discende invece dalle estati dei primissimi Sessanta in cui correvi lungo la penisola a bordo di una MG spider rossa. Dai giorni appena trentenni di “Fratelli d’Italia”: “Siamo qui da un’ora all’aeroporto senza colazione aspettando due amici di Antonio che arrivano adesso in ritardo da Parigi; si mangerà un pesce se si farà in tempo sul molo…”. Carissimo Alberto, considerata la letteratura miserabile di questa miserabile nazione il tuo cocktail di edonismo-elitismo-espressionismo rimarrà insuperato. Grazie per il magnifico italiano, grazie per i “Fratelli”: ogni volta che li riapro mi viene un’assurda voglia di vivere.