Non ci si rassegni ai musei online, dove le opere sono solo fantasmi
Dissento sulla chiusura degli spazi espositivi leggendo un saggio di Hisham Matar, elogio dell'arte lenta che trasforma l'esperienza in terapia
Non ci si rassegni alla smaterializzazione. Alla religione smaterializzata (la preghiera sugli schermini) che non è cristianesimo perché il cristianesimo è incarnazione. All’arte smaterializzata (i quadri sugli schermini) che è un’arte amputata perché l’arte, disse un grande pittore, è raggiungere l’anima attraverso il corpo. Dissento sulla chiusura dei musei leggendo Hisham Matar, “Un punto di approdo” (Einaudi): “Cominciai ad andare ogni giorno alla National Gallery e a sostare davanti a un certo dipinto per l’intervallo del pranzo. Ogni settimana sceglievo un quadro diverso. Oggi, dopo oltre un quarto di secolo, continuo a guardare i quadri allo stesso modo, uno alla volta. Ne traggo grande beneficio. Ho scoperto che un dipinto richiede tempo. Ora impiego parecchi mesi o più spesso un anno prima di riuscire a passare oltre. E nel frattempo quel quadro diventa un luogo mentale e fisico della mia vita”. Matar racconta le sue esperienze nei musei di Londra, dove vive, e soprattutto di Siena, dove ha trascorso un intero mese per godersi gli amati pittori gotici. La sua è una visione lenta, profonda, immersa in un contesto, ed è l’unico modo, fra l’altro, per fare dell’arte una terapia. Non ci si rassegni ai musei on line, ai virtual tour, alle viewing room dove le opere non sono corpi bensì fantasmi, e i fantasmi non servono a nulla e non esistono.