Che la pandemia porti a una riscoperta della palazzina
Secondo alcuni nel dopo-virus andremo tutti in montagna, secondo altri ci affolleremo nelle metropoli più di prima. Io cerco le auree vie di mezzo: niente romitaggi ma nemmeno i grattacieli che hanno reso Milano una Shanghai dei poveri
Che la pandemia porti a una resipiscenza urbanistica. Secondo alcuni nel dopo-virus andremo tutti in montagna, secondo altri ci affolleremo nelle metropoli come prima e più di prima. Io che sono oraziano cerco le auree vie di mezzo. Niente romitaggi ma nemmeno i grattacieli che hanno reso Milano una Shanghai dei poveri per soddisfare la hybris di chi vuole guardare la Madonnina dall’alto in basso, sulla falsariga Formigoni-Ferragni-Fedez. I tracotanti esisteranno sempre ma oggi parecchie persone sanno che le torri babeliche dispiacciono alla salute, oltre che a Dio. “I grattacieli si sono rivelati delle vere e proprie trappole a causa dei due elementi fondamentali della loro struttura: gli ascensori e i sistemi di condizionamento dell’aria”, dice il mio maestro di urbanistica Gabriele Tagliaventi. Si ritorni dunque alla palazzina: la palazzina romana immortalata da Nanni Moretti in “Caro diario” e da Giorgio Ortona in tanti quadri poetici, la palazzina signorile delle prime periferie residenziali di tutta Italia, la palazzina di tre, massimo quattro piani, e dunque scale affrontabili, con grandi appartamenti dai lunghi corridoi, e dietro ogni porta una stanza spaziosa... Sia riscoperta la palazzina.