Godersi Michel Piccoli in ogni piccola inquadratura
Non c'è bisogno di sciropparsi l'intera filmografia, bastano le immagini nel "Disprezzo": il suo zenith e la nostra ferita
Il cinema per me non è trama, le vicende dei personaggi non mi interessano, seguirle mi affatica e non ne vedo nemmeno l’utilità, tanto sono suppergiù sempre quelle. Il cinema per me è composto innanzitutto di inquadrature. E poi di donne, magari nude. E poi di dettagli scenografici e costumistici. Per me Michel Piccoli (senza accento sulla I, essendo un cognome italiano) era lo scrittore che nel “Disprezzo” di Godard portava il cappello nero ovunque, anche in bagno, anche al mare. Un vero uomo che indossava la cravatta, impugnava la rivoltella, prendeva a sberle la sua donna. Se poi alcune di queste azioni avvenivano sul tetto o negli immediati dintorni di una delle più belle case del mondo, Villa Malaparte, incastonata in uno dei più bei panorami del Mediterraneo, Capri, e se la donna in questione recava in dote il musino più attraente e il corpicino più desiderabile del decennio, ecco che Moravia, autore del soggetto, fortunatamente scompariva per lasciar spazio a Platone e Rilke: la bellezza come frammento del divino o come inizio del tremendo (ammesso siano due cose diverse). Si ricordi Michel Piccoli non sciroppandosi l’intera filmografia (pure un film con Moretti!) e nemmeno guardando l’intero “Disprezzo”, riservato a godardiani e moraviani accaniti, ma quelle singole inquadrature che sono il suo zenith e la nostra ferita.