Sia perdonato Ozmo, vittima dello Spirito del tempo
Dipingendo su un muro di Milano una giovane africana con il pugno chiuso, e intitolando il tutto “Monumento alla memoria della sposa bambina in Montanelli”, si è approfittato di Destà più di quanto abbia fatto il vecchio Indro nel 1935
Sia contestualizzato e dunque assolto perfino Ozmo (Gionata Gesi all’anagrafe di Pontedera), artista diviso fra strada e studio, sacro e profano, comunismo e capitalismo, che l’anno scorso ho inserito, per innegabili meriti artistici, nel ristretto numero degli eccellenti pittori. Fotografandolo, mangiandoci assieme, scrivendone. Arcitoscano proprio come Montanelli (Pontedera-Fucecchio sono 20 chilometri), proprio come il Montanelli giovane è in balìa del proprio spazio-tempo. Dipingendo su un muro di via Torino una giovane africana con il pugno chiuso, e intitolando il tutto “Monumento alla memoria della sposa bambina in Montanelli”, Ozmo si è approfittato di Destà anche più di quanto abbia fatto il vecchio Indro nel remoto 1935. Non ha usato il suo corpo: ha usato la sua anima. Di comunismo non ne sapeva nulla, la ragazzina eritrea, non si sarebbe sentita rappresentata in alcun modo da quel gesto così occidentale, così europeo. Viveva immersa nella propria cultura africana e in quella cultura africana le ragazzine venivano vendute dai padri ai futuri sposi, bianchi o neri o marroncini (il colore degli eritrei: semiti e non camiti) non cambia nulla. Le vie dell’amore sono infinite. Montanelli amò Destà, Destà amò Montanelli, tant’è vero che chiamò Indro il figlio avuto in seguito da un connazionale. Ozmo finge di odiare Montanelli e finge di amare Destà perché glielo ordina lo Spirito del Tempo, lo stesso Spirito del Tempo che nel 1935 ordinava a Montanelli di arruolarsi, lo Spirito del Tempo che in ogni tempo ordina ai gregari di coalizzarsi contro i dissidenti. Sia perdonato Ozmo, la libertà se uno non ce l’ha mica se la può dare.