Capisco il valore del vino (e del produttore) osservando un sughero
Non si dica che tutto è relativo: il tappo è un elemento di valutazione superoggettivo
Da lambruschista sono per il tappo a corona, da realista sono per il tappo a vite (alcuni modelli rappresentano il non plus ultra tecnologico), da liberista ammetto il tappo di sughero. Purché sia bello: in caso contrario divento assolutista e decreto l’esilio per i produttori utilizzanti ignobili tappi di briciole incollate. Capisco che il costo di un sughero naturale, lungo, integro, elastico, per bottiglie sotto i dieci euri risulti sproporzionato. Ma allora usate il tappo metallico! Ciò che non sopporto sono le prese in giro, il vendere l’apparenza della tradizione (il sughero) senza la sua sostanza (l’autenticità). Ciò che ammiro è l’eroismo di vignaioli veneti come i Gregoletto che per i bianchi fermi, buonissimi eppure abbordabilissimi (8-9 euri), usano meravigliosi tappi monopezzo, dal prezzo che non voglio immaginare. Dunque esistono produttori per i quali molto prima del profitto viene la qualità (e si capisce perché l’oculato Alberto Sordi, al tempo delle vacanze a Lignano, volesse in tavola il loro Verdiso). Non si dica che anche nel vino tutto è relativo, che non esistono criteri oggettivi per la sua valutazione: il tappo è un elemento di valutazione superoggettivo, io osservando un sughero spesso intuisco il valore del vino e sempre riconosco il valore (il valore morale) del produttore.