Preghiera
Povere lumache. Il senso di colpa di chi non crede più
Chi non crede nel Dio della Bibbia si sente in colpa se mangia una lumaca. Ma è difficile che l'animale muoia di vecchiaia: piuttosto che tra gli uncini di una scolopendra, non è meglio finire nella mia pentola Alessi?
Poverine, dice l’elicicoltore mentre mi spiega come cucinare le sue lumache, nel passaggio in cui si tratta di buttarle nell’acqua bollente. Poverine? Le lumache? Da tanti mi aspettavo un “povere lumache” ma non da un signore che vive grazie a persone che mangiano lumache. Che poi, è sempre lui a dirmelo, le lumache sono abitualmente divorate dai topi, dai rospi, dalle rane, dai serpenti, dalle anatre, dagli storni, dagli orrendi centopiedi…
È difficile che una lumaca muoia di vecchiaia. Piuttosto che fra gli uncini di una scolopendra non è meglio finire nella mia pentola Alessi? Pochi secondi e via. Non che mi facciano gastronomicamente impazzire le lumache, le ho comprate, le ho lavate con aceto e sale, le ho buttate nell’acqua bollente, gusci, cornini e tutto, le ho estratte con un coltello, le ho affogate nella salsa di pomodoro, le ho cosparse di origano e peperoncino per onorare mia nonna (è una ricetta lucana) e per ubbidire al Dio di Genesi 9,3: “Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo”.
So bene che moltissimi italiani (tutti i cattolici che approvano l’uscita del Papa sulle unioni omosessuali, ad esempio) non credono più nel Dio della Bibbia. Non credendo nel Dio della Bibbia finiscono più prima che poi col dire “povere lumache”, col sentirsi in colpa se mangiano una lumaca, col considerarsi non troppo superiori a una lumaca. Poverini.