Preghiera
Filosofia extracurricolare
L'ultimo libro di Giulio Giorello spiega perché il pensiero filosofico fiorisce lontano dalle università. Eppure le iscrizioni continuano ad aumentare
“Andrea Emo, lo studioso solitario che ha avuto il coraggio di scegliere per sé l’autoesclusione dal mondo accademico per garantirsi l’autonomia del genuino filosofo”. Sono parole di Giulio Giorello, filosofo che quand’era vivo non leggevo e leggo ora che è morto: succede. Lo leggo in “Il bene e il male” (La nave di Teseo) che ha scritto, poco prima di lasciarci, insieme a Vittorio Sgarbi. Sgarbi ovviamente fornisce più spunti polemici, e voglio parlarne, ma intanto l’ammissione di Giorello, che era per l’appunto un professore di filosofia, merita un ragionamento. Un professore di filosofia non è coraggioso né autonomo né genuino, dunque. E figuriamoci un ricercatore, un dottorando, uno studente semplice, per citare le varie stazioni della via crucis universitaria: tutti più o meno paurosi, sottomessi e fasulli. Perché allora tanti giovani si ostinano a studiare una così alta materia all’interno di un’istituzione così degradante?
Pensavo e auspicavo che il virus facesse crollare le iscrizioni a lettere e filosofia e invece scopro che nell’ultimo anno, da Venezia a Catania, sono addirittura aumentate. Qualcuno avvisi le matricole che Andrea Emo non era laureato e che Giulio Giorello era un professore pentito.