Preghiera
Il silenzio dell'arte astratta
Dibattito sull'estetica rilassante dell'"art pour l'art", partendo dall'ultimo contributo alla letteratura scritto da Pepe Karmel
L’astrazione mi piace moltissimo, beninteso quando ben realizzata e minimamente originale (cosa non facile dopo 111 anni di sperimentazioni a partire dal primo acquerello astratto di Kandinskij). Solo che le mie motivazioni sono opposte rispetto a quelle fornite da Pepe Karmel in “L’arte astratta” (Einaudi). Nel magnifico volume questo autore americano scrive che “l’arte astratta offre una serie di risposte al cambiamento sociale, politico e culturale”. Cose che si dicono, cose che nel conformistico sistema dell’arte forse è perfino obbligatorio dire. Io però preferisco le cose che si vedono: forme e colori.
Immerso in un mondo troppo rumoroso, dell’arte astratta ammiro innanzitutto il silenzio. Le rette e le curve, i segni e le mappe, i solidi e i fluidi mi offrono una pausa, essendo quanto di più vicino alla rilassante “art pour l’art”. Alcuni astrattisti la pensano diversamente ossia la pensano come Pepe Karmel, e si affannano a ricordare il loro zelo socio-politico che però, grazie a Dio, rimane nelle didascalie, non raggiunge le tele. Per quello che conta dirò che, fra i tantissimi presenti nel librone, i quadri che preferisco sono firmati da Francis Picabia, Josef Albers, Bernard Frize, Carrie Moyer. Scelte quanto mai soggettive: c’è un’astrazione per ogni carattere, per ogni bisogno psicologico.