preghiera
Leggere libri non rende felici, tantomeno persone migliori
Tutto dipende "da cosa e come si legge". Senza dimenticare che intolleranza, rigidità e soprattutto pesantezza sono caratteri degli intellettuali impegnati. Un libro di Luigi Mascheroni
“Ha circa 20-25mila libri, ma ne ha letti pochissimi”. Il risvolto biografico anzi autobiografico di “Libri. Non danno la felicità (tanto meno a chi non li legge)” vale la spesa, peraltro modesta viste le dimensioni del volumetto. Della casa editrice Oligo mi piace che sia di Mantova. Di Luigi Mascheroni mi piace la sprezzatura, così necessaria in un ambiente culturale pullulante di pesanti. E di censori. Mascheroni osserva che “le rigidità più feroci si notano sempre negli intellettuali impegnati”. Ci informa che “Adolf Hitler leggeva un libro a notte, adorava i libri, li collezionava”, che “Mao Tse-Tung lavorò nella biblioteca dell’Università di Pechino”…
Ci segnala, venendo all’oggi, che “i peggiori bibliocasti, silenziatori di opinioni sgradite e abbattitori di statue, sono studiosi, professori universitari, studenti, lettori forti, direttori di musei, critici, editorialisti”. Dunque leggere non rende automaticamente migliori e tolleranti, spesso è proprio il contrario. Davvero tutto “dipende da cosa e come si legge”. Davvero molti libri diffondono infelicità. Mascheroni mi ha ricordato che bisogna leggere e invitare a leggere l’Ecclesiaste: un libro grazie al quale nazista non lo diventi, comunista non lo diventi, pesante non lo diventi, censore non lo diventi.