preghiera
Filosofi antiumani che vogliono la dissoluzione delle specie
Pensatori panteisti-estinzionisti secondo i quali dovremmo "costruire case in cui non sappiamo più se siamo esseri umani o canarini, gatti o piante". Benissimo, risponderemo con un cinguettio all'esattore delle tasse
“Esiste una perfetta equivalenza, non solo cognitiva, ma anche e soprattutto morale, tra tutte le specie” scrive Emanuele Coccia in “Filosofia della casa” (Einaudi). Purtroppo però tra le specie non esiste equivalenza fiscale, né perfetta né imperfetta. Coccia viene da Fermo, la cittadina dell’uva passerina, e per diventare l’intellettuale cosmopolita che è, lo sradicato che sradica (per citare Simone Weil), l’antiumano che disumanizza (questa è mia), ha pesato per decenni sul contribuente. Che non smette di foraggiarlo: dopo gli studi in Italia e Germania, oggi insegna a Parigi in un’istituzione pubblica.
Coccia ama scarafaggi e formiche (“Io avevo aperto il mio appartamento agli alberi, e questi avevano aperto la loro casa a uccelli e insetti”) ma non sono loro a passargli lo stipendio. Sono uomini come me a farlo, pagando le imposte dirette e indirette. Questo filosofo panteista-estinzionista scrive che “dovremmo imparare a costruire case in cui non sappiamo più se siamo esseri umani o canarini, gatti o piante. La casa del futuro dovrebbe essere lo spazio di una vita che coincide con la dissoluzione di tutte le specie”. Bello! All’ufficiale giudiziario che viene per le tasse non versate potrei rispondere con un cinguettio o un miagolio, espressione di un Io dissolto e dunque insolvente (cosa sequestri a un canarino?).