preghiera
Cristo sequestrato a Levico
Navate bloccate da corde, segnali di divieto. Un folle esempio di bondage ecclesiastico. Ci si lamenta che le chiese sono vuote: ma se fra cartelli e corde le persone appaiono come un problema, poi è ovvio che non entrino
Cristo sequestrato a Levico. Domenica ero a Levico Terme, in Valsugana, e mi sono trovato davanti a una grande chiesa aperta, dedicata al Santissimo Redentore. Sono corso dentro per pregare. Non l’avessi mai fatto. Impossibile avvicinarsi all’altare col Cristo crocifisso, anzi, impossibile avanzare all’interno della chiesa, fra l’altro davvero enorme (75 metri di lunghezza, 39 metri di altezza...), perché sia la navata centrale che quelle laterali erano bloccate da corde con appesi segnali di divieto. Evidentemente Cristo crocifisso non bastava, ci voleva anche il Cristo legato, in un folle esempio di bondage ecclesiastico. Mai visto nulla di simile.
Il chiesone era vuoto, com’è giusto: se fra cartelli e corde (ci mancavano solo i cavalli di Frisia) presenti le persone come pericolo, come problema, le persone poi non entrano. Non c’erano preti né cerberi parrocchiali, grazie a Dio, altrimenti non so come sarebbe andata a finire (l’ira è il mio peccato peggiore). Questo clero che già prima della pandemia aveva perso la fede ora ci comunica di aver perso la ragione. Vorrei liberare Cristo dai diocesani carcerieri ma nulla posso. Non posso nemmeno sopportare altri spettacoli di questo tipo e dalle chiese dovrei cominciare a star lontano: per proteggere la mia fragile fede cristiana dall’evidenza del crollo del cattolicesimo.