preghiera
La sconfitta della provincia fu una sconfitta dei conservatori
Nel libro di Francesco Giubilei si ripercorre la storia del movimento culturale "Strapaese", che dovette cedere di fronte al trionfo dell'urbanesimo. La lettura rende il lutto meno doloroso
Francesco Giubilei, un giovane incredibilmente nostalgico, ha scritto “Strapaese” (Odoya), storia del movimento culturale che un secolo fa provò a rimettere al centro l’Italia della provincia. Vi trovo una messe di informazioni e soprattutto vi scopro un’ammissione di sconfitta in versi, scritta da Mino Maccari e pubblicata sulla rivista del gruppo, “Il selvaggio”: “Morto e sepolto è Strapaese”. Era il 1934 e Stracittà, il movimento concorrente favorevole all’urbanesimo, alle lingue straniere, all’architettura razionalista, aveva vinto. Non perché gli strapaesani fossero culturalmente scarsi, anzi: Longanesi era un genio e Maccari uno di quei talenti multiformi di cui si è perso lo stampo. Ma perché poco si può fare contro lo Spirito dei Tempi.
Il fascismo all’inizio poteva sembrare tante cose ma poi si mostrò per quello che era, un regime modernizzatore (e questo spiega il fasciocomunismo, e il perché un conservatore non possa essere fascista). Che le radici italiane si siano seccate da così tanto tempo (non negli anni Cinquanta come pensava Pasolini, non negli anni Novanta come a volte pensavo io) allevia il mio tormento: un lutto remoto è meno doloroso, nessuno piange pensando al bisnonno che non c’è più. Dal 1934 la vera patria di un conservatore italiano è la sua biblioteca, credo.