preghiera
L'Ambasciata è il vero tempio della cucina padana
Il ristorante si è trasferito da Quistello (Mantova) a Villa Bartolomea (Verona) e la sfoglia degli agnoli è migliore di prima. Cambiare sede affinché nessuno cambi il culto. Sfarzo, spettacolo, sostanza: questo fanno i fratelli Tamani
Scrivere di ristoranti? Che volgarità. Io sono un critico liturgico e scrivo di templi. L’Ambasciata è da molti anni il tempio della cucina padana, officiato dai fratelli Tamani secondo il gonzaghesco rito. Il tempio da Quistello (Mantova) si è trasferito a Villa Bartolomea (Verona) e sembra la versione gastronomico-terrena del trasporto angelico della Santa Casa da Tersatto a Loreto: cambiare sede affinché nessuno cambi il culto. L’indirizzo è in una zona industriale come per certe compagnie teatrali d’avanguardia, e infatti oltre che tempio l’Ambasciata è teatro. Il corpulento Romano, regista, deus ex machina, voce narrante, se ne sta per gran parte della cerimonia in sala, vestito di bianco, seduto sul suo scranno vescovile. Mentre il fratello minore Carlo è il ministrante dei rituali che hanno reso l’Ambasciata celeberrima: il lancio sui tappeti del vino bianco rimasto nei bicchieri (settimana scorsa Gabriele Salvatores rimase a bocca aperta), la processione dei camerieri coi piatti, il sollevamento contemporaneo delle cloche… Sfarzo, spettacolo, sostanza: la sfoglia degli agnoli è ancora migliore di quella che si gustava a Quistello. Romano Tamani potrebbe pertanto dire, parafrasando il “Sertorio” di Corneille: “Mantova non è più a Mantova: è dove sono io”.