preghiera
Non proibiscono i talk show, perché proibire la corrida?
L’incompreso scontro uomo-animale è un culmine antropologico oltre che un vertice di bellezza, grandezza, virilità. Altro che l’abominevole scontro uomo contro uomo rappresentato da politica, sport, serie tv
Finché c’è corrida c’è speranza. Non solo per i tori da combattimento, che senza corride si estinguerebbero, anche per l’uomo: forse senza corride si estinguerebbe pure lui. Non sapevo che la tauromachia avesse in Italia ancora tanti cultori. Nelle ultime settimane ho letto qui le pagine di Ottavio Di Brizzi, ho scoperto l’esistenza di uno scrittore taurofilo romano (Matteo Nucci), di un circolo taurino a Milano, di case editrici che pubblicano libri sull’argomento (Settecolori)… Una corrida la vidi da ragazzo, non ricordo l’anno preciso ma di sicuro non avevo 18 anni perché da Reggio Emilia a Nîmes me la feci tutta in autostop. Ovviamente non ci capii nulla. Oggi capirei qualcosa, ho studiato su YouTube… Non dovrei andare in Spagna, non dovrei nemmeno tornare a Nîmes, mi basterebbe arrivare all’anfiteatro romano di Arles, frequentato anche da Picasso, grande appassionato: solo 280 chilometri dal confine, 240 dalla casa provenzale di mio zio, cosa aspetto? Diversamente dall’abominevole scontro uomo contro uomo rappresentato da politica, sport, serie tv (spettacoli violenti che inspiegabilmente nessuno chiede di proibire), l’incompresa corrida è uno scontro uomo-animale: dunque un culmine antropologico oltre che un vertice di bellezza, grandezza, virilità.