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La Sangiovesa è la più multiforme realtà della ristorazione italiana
La guida Michelin l'ha definita "locale semplice". Ma per capire l'osteria di Santarcangelo di Romagna non vanno bene i soliti critici gastronomici monosensoriali, bisogna saper godere con tutti i cinque sensi
Non esistono giudici per giudicare le grandi opere d’arte, scrive Nietzsche in “Umano, troppo umano”. Non ne esistono nemmeno per giudicare i grandi ristoranti. Dai critici ciechi, ma purtroppo non muti, della guida Michelin, la Sangiovesa viene definita “locale semplice”: per capovolgere tale giudizio assurdo prima bisognava andare a Santarcangelo di Romagna, adesso basta sfogliare “La Sangiovesa. L’osteria di Santarcangelo” (Maggioli editore). I testi di Giorgio Melandri e le foto di Maurizio Gjivovich fissano su carta la più multiforme realtà della ristorazione italiana: tempio, vetrina, pinacoteca, bandiera… Tempio della cucina romagnola, vetrina della produzione enogastronomica romagnola (shop.sangiovesa.it), pinacoteca dell’arte romagnola (quattro Cagnacci!), bandiera dell’identità romagnola… Con in più la poesia di Tonino Guerra e i vermut di Baldo Baldinini, due nomi che insieme a quello del secentesco pittore della “Maddalena penitente” vantano nei rispettivi ambiti un rango, a stare bassi, nazionale. Per capire la Sangiovesa non vanno bene i soliti critici gastronomici monosensoriali, bisogna saper godere con tutti i cinque sensi (Dio ce li ha dati: si usino).