preghiera
Che belli i lavoratori quando mangiano
Se sei un uomo che solleva, guida, inchioda, avvita, stringe, che sta in piedi tantissime ore, un uomo i cui muscoli reggono questo mondo desideroso di cadere, non sei uno che fa i capricci, non collezioni intolleranze alimentari, non hai fisime da laureato debosciato
Come mi piacciono i lavoratori quando mangiano. Stavo montando la mostra di Enrico Robusti al Cibus, Fiere di Parma, e guardavo gli addetti agli allestimenti, diretti in piccoli gruppi al vicino self-service. Un ristorante appunto per lavoratori, non per inappetenti. Per onnivori, non per ortoressici. Il menù sulla lavagna era tutto un arrosto e uno spezzatino, un roast-beef, un carpaccio, un prosciutto… Un vegano doveva giustamente digiunare. Perché se sei un lavoratore e intendo un lavoratore vero, un uomo che solleva, guida, inchioda, avvita, stringe, un uomo che sta in piedi tantissime ore, un uomo i cui muscoli reggono questo mondo desideroso di cadere, non sei uno che fa i capricci, non collezioni intolleranze alimentari, non hai fisime da laureato debosciato. Guardavo questi lavoratori quasi tutti italiani, spesso corpulenti, quasi tutti uomini (poche le donne e anch’esse carnose, meravigliose) e sentivo di amarli. Uomini non aggiornati, che non abitano in centro, che non possiedono un’auto elettrica, che non vanno alla Biennale, che non capiscono Valerio Lundini, uomini disprezzati dai saccenti di tutti i media e di tutte le arti… Qualcuno poi usciva nel piazzale a fumare, per commuovermi ancora di più.