preghiera
Ha ragione Giovanni Lindo Ferretti: pregare fa bene
In “Óra. Difendi conserva prega”, racconta di quando smise di pregare, con l'arrivo della tv e dell'italiano al posto del latino. “Non so quando ho ricominciato. L’ho fatto così, perché mi si allargava il cuore”
“La maggior parte delle persone che frequento non pregano, la quasi totalità di quelle a cui voglio bene non pregano, non ne conoscono necessità, non possono beneficiarne. I bambini crescono senza impararle”. Lo scrive Giovanni Lindo Ferretti in “Óra. Difendi conserva prega” (Compagnia Editoriale Aliberti) che è il suo libro di preghiere e del suo rapporto con la preghiera. E dunque il titolo non è un avverbio né un sostantivo bensì un imperativo: prega! Lui ha imparato a pregare nel lettone della nonna, prima di addormentarsi, in una casa dove mancavano televisione e radio e dunque c’erano spazio tempo silenzio per Dio, nella montagna emiliana dove si parlava in dialetto e si pregava in latino. Con l’arrivo della televisione, e dell’italiano, smise. “Non so quando ho ricominciato a pregare. L’ho fatto così, perché mi si allargava il cuore”. Ferretti crede il pregare “un ragionevole atto”: perché fa bene. “Quando prego poi sto bene, comunque meglio. Se non prego è comunque peggio”. Non pregare è non volersi bene, non insegnare le preghiere ai bambini è non voler bene ai bambini: come faranno da vecchi? A chi si rivolgeranno quando saranno stanchi e malati? (Ah, giusto, si rivolgeranno allo psicologo di Stato che gli comminerà l’eutanasia).