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Perché da conservatore non sono appassionato alla leadership Meloni

Camillo Langone

Ha ridotto a scolaretti i maschietti neoeletti di Fratelli d’Italia, dicendo loro: “Sarò molto esigente”. Non ha mostrato sufficiente riguardo verso il vecchio patriarca Silvio, e penso al riguardo che ebbero Sem e Iafet verso Noè ebbro. C'è di peggio rispetto al capo di FdI, ma anche di meglio 

Un giornalista mi domanda se, in quanto conservatore, “la leadership di Giorgia Meloni mi appassiona”. Disturbandomi molto. Per molti motivi. Innanzitutto, in quanto conservatore, intendo conservare la lingua madre e parlerei semmai di guida, di comando. Poi, in quanto conservatore, intendo conservare la sovranità intellettuale e se cedi la guida a un altro, a un capo, chiunque esso sia, l’indipendenza di giudizio va a farsi friggere. Inoltre, in quanto conservatore, intendo conservare la ragione e questo allontana, per non dire esclude, la possibilità di farsi trascinare dalla passione nelle questioni politiche. Infine, in quanto conservatore, intendo conservare la differenza sessuale, e figuriamoci se un conservatore biblico, fra Abramo e Costanza Miriano, può applaudire una presidentessa. Una che ha ridotto a scolaretti i maschietti neoeletti di Fratelli d’Italia, dicendo loro: “Sarò molto esigente” (la donna esigente non mi appassiona neanche fuori dalla politica, credo sia chiaro). Una che non ha mostrato sufficiente riguardo verso il vecchio patriarca Silvio, e penso al riguardo che ebbero Sem e Iafet verso Noè ebbro. (Poi certamente, in quanto conservatore, avrei giudicato peggio una presidenza Tinagli o Serracchiani, e peggissimo, non solo la fine del maschio ma proprio la fine del mondo, una presidenza Schlein).

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).