preghiera
Delegare la memoria agli scrittori nostalgici come Giani Stuparich
I “Ricordi istriani” sono brevi racconti autobiografici, dolenti, quasi strazianti perché vi si narra una perdita doppia: la perdita dell’infanzia e la perdita dell’Istria
Ringrazio il Cielo di ricordare poco e di rimpiangere ancor meno, della mia vita passata. Sapevo già di essere per questo un privilegiato ma dopo aver letto “Ricordi istriani” di Giani Stuparich (Quodlibet) so di essere un privilegiatissimo. Sono brevi racconti autobiografici, dolenti, quasi strazianti perché vi si narra una perdita doppia: la perdita dell’infanzia e la perdita dell’Istria. Lo scrittore triestino, nato nel 1891, fece in tempo a villeggiare nella penisola al tempo di Francesco Giuseppe, accompagnato dal padre che spiegava: “Quello è il campanile di Buie, fratello del campanile di Aquileia; gli Istriani l’hanno fatto apposta alto e slanciato, perché potesse dominare e sorvegliare questa nostra terra contesa; quando da per tutto qui in Istria si viveva sotto le ali sicure del Leon di San Marco, il campanile di Buie serviva come punto di riferimento alle barche istriane che tornavano da Venezia...”. Non ci sono mai stato a Buie eppure a questo punto rischio di mettermi a piangere anch’io. Molto meglio il mio metodo: ricordare poco, pochissimo, quasi niente. E delegare l’indispensabile memoria a scrittori nostalgici, predisposti a soffrire, come Giani Stuparich.