preghiera
Anch'io voglio il panciotto borbonico e identitario
Un capo di sartoria come quello di Beatrice Gigli, baronessa irpina, pierre duosiciliana, incantevole eccentrica dalla pelle immacolata, ignara di abbronzatura, senza tatuaggi né trucco, che ha fatto della sua vita un’opera d’arte
San Leucio, lo voglio anch’io il panciotto borbonico, quello con la seta prodotta nel borgo casertano che da te prende il nome. L’ho visto addosso alla mia amica Beatrice Gigli, baronessa irpina, pierre duosiciliana, incantevole eccentrica dalla pelle immacolata, ignara di abbronzatura, senza tatuaggi né trucco. Lei ha fatto della sua vita un’opera d’arte. Non avvalendosi di stilisti ma di sarti: niente di confezionato, tutto su misura. Potrei definirla Oscar Wilde in gonnella, se soltanto portasse la gonnella. Invece si annoda cravatte, alla maniera di George Sand e di Colette che però, dispiace per loro, non frequentavano il negozio di Marinella né quello di Cilento.
San Leucio, ho incontrato Beatrice Gigli a Nola, guarda caso la città dei Gigli, e le ho visto questo panciotto cucito a Venafro con la seta del Real sito di San Leucio. E adesso lo voglio anch’io e adesso ti prego di farmelo avere: perché la nostra identità non può limitarsi a pizza, pasta e parmigiano (per giunta sotto attacco), ci vogliono anche i panciotti.