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Non è più tanto nuovo il new journalism, ma Rachel Kushner scintilla ancora
Anzi romba. Perché Rachel va in moto, va in macchina, è una ragazzona americana da autostrada e motore a scoppio. E’ una Joan Didion dei quartieri bassi (per anni ha fatto la barista) e al contrario di Joan Didion è viva. Ha scritto “Fatti per bruciare. Saggi 2000-2020”
Com’è brava, com’è bianca, com’è bella Rachel Kushner, autrice di “Fatti per bruciare. Saggi 2000-2020” (Einaudi), new journalism ossia pagine fra giornalismo e letteratura che fanno venire voglia di leggere e anche di scrivere. Non è più tanto nuovo il new journalism ma scintilla ancora. Anzi romba. Perché Rachel va in moto, va in macchina, è una ragazzona americana da autostrada e motore a scoppio. E’ una Joan Didion dei quartieri bassi (per anni ha fatto la barista) e al contrario di Joan Didion è viva. Senza nemmeno un tatuaggio, pur essendo stata la fidanzata (lo racconta nel libro) di un tatuatore famoso: questo per dirne la forza, l’autonomia. Oltre che di benzina scrive di alcol, altro liquido infiammabile, dunque degli anni in cui a San Francisco versava da bere a Carlos Santana (tequila) e a Keith Richards (Jack Daniel’s, tantissimo Jack Daniel’s). Il libro funziona anche quando descrive eroi non conosciuti personalmente. Grazie al quattordicesimo capitolo ho imparato come si pronuncia Marguerite Duras (“La diretta interessata diceva Duraas, e anche se poco elegante è questa la pronuncia corretta. Con la s”) e cosa pensava la medesima scrittrice degli omosessuali (ne pensava malissimo, e lo esplicita in “La vita materiale”). Adesso corro a comprarmi Marguerite Duras. In attesa del prossimo libro di Rachel Kushner.