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Cosa ci dice la morte a 31 anni di Pico della Mirandola
Nella sua città si tiene il Memoria Festival, e lui la Divina Commedia la sapeva a memoria, oltre che il latino, il greco, l’ebraico, l’aramaico, l’arabo, il francese, essere finito in carcere due volte, aver scritto il “Discorso sulla dignità dell’uomo”...
Morto a 31 anni. Passeggio per Mirandola, in attesa di parlare al Memoria Festival, e sul muro vedo una grande immagine di Giovanni Pico della Mirandola con tanto di estremi biografici: 1463-1494. Morto a 31 anni. Aveva fatto in tempo a studiare a Bologna, Ferrara, Padova, Pavia, Firenze, Parigi (Sorbona). A imparare il latino, il greco, l’ebraico, l’aramaico, l’arabo, il francese, e la Divina Commedia a memoria (ecco perché Memoria Festival). A farsi amico di Lorenzo de’ Medici, Poliziano, Marsilio Ficino, Aldo Manuzio... A finire in carcere due volte, seppur brevemente (ci pensava il Magnifico a tirarlo fuori). A diventare celebre in tutta Europa. A trovare il tempo, sebbene “continuamente ferito e infiammato dalle frecce d’amore”, di scrivere non so quanti libri filosofici, teologici e poetici e innanzitutto il “Discorso sulla dignità dell’uomo”, il manifesto del Rinascimento, testo capitale dell’antropocentrismo (andrebbe letto nelle scuole, nei parlamenti, nei tribunali, nelle redazioni tipo Report, ovunque gli antiumani perseguitano cacciatori e tormentano allevatori). Tutto ciò senza internet, senza enciclopedie, quasi senza Gutenberg (la sua biblioteca era piena di papiri). Morto a 31 anni. Mortificazione per chi oggi, pieno di schermi, scrive senza dignità e senza memoria, e senza nemmeno la giovinezza.