preghiera
Nessuna pittura rappresenta la nostra epoca come quella di Patrizio Di Massimo
Il tempo dell’uomo succube, dei ruoli ribaltati, della fluidità è messo in scena da uno dei massimi pittori italiani viventi, in mostra alla Pinacoteca di Jesi
Perché andare a vedere una mostra lontana quando hai fra le mani il suo catalogo e questo catalogo è per giunta bellissimo? “Antologia (2013-2023)”, catalogo della mostra di Patrizio Di Massimo alla Pinacoteca di Jesi, sontuosamente realizzato da Quodlibet, offre grandi piaceri tattili e visivi. Oltre che un drastico aggiornamento per chi crede che l’arte contemporanea sia Michelangelo Pistoletto, artista inchiodato al 1967. Di Massimo vi appare come uno massimi (mi si perdoni il bisticcio) pittori italiani viventi, se è vero quello che diceva Andrea Emo: “L’arte è monumento del tempo in cui sorge”. Nessuna pittura a me nota rappresenta meglio, e quindi eterna, l’epoca dell’uomo succube, dei ruoli ribaltati, della fluidità. Come André Gide odio le famiglie tradizionali e come nessun altro, credo, odio le famiglie non convenzionali (dunque neo-convenzionali) messe in scena da Di Massimo, nato per l’appunto a Jesi ma residente a Londra dove il queer spadroneggia. E allora? La forma riconcilia, trasfigura, supera (e qui siamo formalmente dalle parti di Schad, Cagnaccio, Balthus, Currin, soprattutto Currin…).