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Alberto Angela sull'amore omosessuale nell'Antica Roma è disservizio pubblico
Nell’ultima puntata di “Ulisse” si racconta che nell'antichità “l’amore era vissuto in modo libero, in modo naturale, bello”. Sottolineando: “Cosa giustissima! Pensate che l’uomo romano culturalmente era bisessuale!”. Ma sono balle pagane
Nell’ultima puntata di “Ulisse” Alberto Angela ha fatto disservizio pubblico raccontando, con voce ispirata, che nell’Antica Roma “l’amore era vissuto in modo libero, in modo naturale, bello”. Sottolineando: “Cosa giustissima!”. E insistendo sempre più eccitato: “Pensate che l’uomo romano culturalmente era bisessuale!”. Balle pagane. A parte che l’Antica Roma durò dodici secoli durante i quali cambiarono costumi e religioni, e parlare di questa lunghissima parabola come di un blocco unico non è divulgare, è rafforzare pregiudizi, l’omosessualità fu sempre normata, mai davvero libera e anzi sordidamente legata alla schiavitù (per Seneca il ruolo passivo era “un crimine per chi è nato libero e una necessità per chi è schiavo”). Libero allora l’amore eterosessuale? Nemmanco. Andasse il grossolano Angela a raccontare di amore libero alle mogli della Roma Repubblicana uccise legalmente dai mariti perché colte in flagrante adulterio. Oppure andasse, il pressapochista, dalle vestali che quando violavano il voto di castità venivano frustate e poi sepolte vive (Plutarco vide un’esecuzione e ne rimase scosso). Anziché “Ulisse”, Angela prossimamente conduca “Polifemo”, titolo più coerente con la sua divulgazione ottenebrante.