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Perché leggere "Paradisi proibiti" di Claudio Pescio. Nonostante il suo genderismo
L’autore ce l’ha col maschio come quelle che ce l’hanno con Giambruno, definisce Zeus “stupratore seriale” e scrive “sguardo maschile” come se l’attrazione dell’uomo verso il nudo femminile fosse colpa e non salute. ma il suo libro è comunque utilissimo
Con un titolo così, “Paradisi proibiti”, con un sottotitolo così, “Storie di sesso, alcol e droga nelle opere d’arte”, non so chi possa resistere. Io no di certo. E come se non bastasse c’è il piacere tattile-visivo dei libri d’arte Giunti, copertina rigida, formato perfetto, insieme solido. L’autore Claudio Pescio usa il linguaggio genderista, ce l’ha col maschio come quelle che ce l’hanno con Giambruno, definisce Zeus “stupratore seriale” e scrive “sguardo maschile” come se l’attrazione dell’uomo verso il nudo femminile fosse colpa e non salute. Il libro è comunque utilissimo siccome informatissimo sull’erotizzazione dell’arte a partire dal Rinascimento. Vi ho scoperto il fenomenale “Marte e Venere” di Lavinia Fontana che ora mi appare la più grande artista italiana di sempre. E un meno bello ma non meno significativo “Orfeo dilaniato dalle baccanti” di Emile Bin. Dietro il quale c’è una storia che conoscevo solo in parte: “Il mitico cantore, persa l’amata ninfa Euridice, per una scelta di castità (o di omosessualità: per alcune tradizioni, sconvolto dalla perdita decise di rinunciare alle donne, e fu colui che importò la scelta omofila fra i traci) rifiutò le proposte di un gruppo di menadi. Queste, infuriate, lo sbranarono”. Notare la differenza con le donne di oggi, masochisticamente amiche degli omosessuali.