preghiera
Julien Green racconta l'infelice vita di Charlotte Brönte
La tormentata storia famigliare della scrittrice di Jane Eyre offre una lezione di coraggio e un richiamo alla gratitudine
Si legga “Suite inglese” di Julien Green (Adelphi), in particolare il capitolo dedicato a Charlotte Brontë, e si ringrazi il Cielo di vivere in questo impoetico 2023 anziché nel romantico Ottocento. Io mi sono commosso leggendo di Charlotte e dei suoi famigliari, vite trascorse a tossire e a tremare in un villaggio del Nord dell’Inghilterra, con pochi soldi, poco riscaldamento, poca illuminazione, e pochissima salute. Tutti i sei figli di Patrick Brontë, tetro reverendo protestante, premorirono al padre che già aveva perso la moglie, spentasi a 38 anni. L’unico maschio morì a 31 anni, di tubercolosi, Elizabeth a 10 anni, di tubercolosi, Maria a 11 anni, di tubercolosi, poi Anne a 29 anni, di tubercolosi, Emily a 30 anni, di tubercolosi, e infine Charlotte a 39 anni. Di tubercolosi? Forse no, forse fu invece iperemesi gravidica: aspettava il primo figlio e morì di vomito. Si era sposata tardi perché anche la libertà era pochissima: per parecchio tempo il padre le aveva negato il permesso di convolare a nozze. Era già una scrittrice famosa ma “bisognava che nella canonica ogni cosa fosse in ordine e di una scrupolosa pulizia”. Si legga “Suite inglese” e si ringrazino i termosifoni, le lampadine, gli aspirapolvere, i vaccini, gli antibiotici, gli integratori multivitaminici, la libertà sentimentale.