Preghiera
Vera Gheno e l'urgenza di censurare
La sostenitrice dell'inclusività che esclude (e dell'impronunciabile E capovolta) vorrebbe strapparmi le alucce. Ulteriore conferma di quanto ho detto l'8 marzo
Vera Gheno, linguista femminista italo-ungherese, sabotatrice dell’ortografia italiana e pure della fonetica (contro il maschile universale pretende si usi l’impronunciabile E capovolta), si domanda come sia possibile pubblicare testi come la mia Preghiera dell’8 marzo, definita “monnezza senza senso”. Me lo domando anch’io: come può esistere ancora tanta libertà di espressione? Tutto concorre alla sua scomparsa e io mi sento come quel calabrone che non sembrerebbe poter volare ma non sapendolo vola lo stesso.
Vera Gheno, autrice Einaudi, sostenitrice dell’inclusività che significa esclusione di chi la pensa diversamente, vorrebbe strapparmi le alucce, non ho capito se attraverso la chiusura della rubrica o dell’intero giornale. Questa sua esplicitata brama conferma quanto ho scritto: l’attuale occupazione femminile dell’editoria (direzioni, redazioni, cataloghi, eventi) non c’entra con la letteratura, c’entra col potere. Non è urgenza di dire ma urgenza di impedire di dire.
Simone Weil, una donna che non deve la sua esistenza editoriale al fatto di essere donna, scrisse che “la libertà d’espressione totale, illimitata, per qualsiasi opinione, senza alcuna restrizione né riserva, è un bisogno assoluto per l’intelligenza”. Non è un bisogno per Vera Gheno.