Piccola posta
Dal letto alla chiesa, la letteratura fuori standard di Gilda Policastro
La falsità del Padre Nostro bergogliano, che io a messa insisto a non pronunciare, mi viene riconfermata da una scrittrice non troppo cattolica e però sagace
“Avevo appreso della modifica del Padre Nostro... Non ci indurre a un certo punto è parso a qualcuno inappropriato per un’entità che dovrebbe amarci, anche se poi lo sapevamo dalle storie nei libri dittati per direttissima dal santo spirito che altroché se tentava, pure il figliolo suo nel Getsemani”. La falsità del Padre Nostro bergogliano, che io a messa insisto a non pronunciare, mi viene riconfermata da una scrittrice non troppo cattolica e però sagace: Gilda Policastro.
In un suo piccolo libro autobiografico, piuttosto erotico e un poco anche liturgico, intitolato “La ragnatela” (editore Hopefulmonster, che caspita di nome). Mi ha riportato ai bei tempi dei primi libri di Silvia Ballestra, dei primi libri di Rosa Matteucci, del primo libro di Annalucia Lomunno e dunque di un neoespressionismo neomaccheronico che ancora mi mette l’acquolina in bocca. Tutte autrici vere, non Holden né tantomeno ChatGPT, ossia dotate di una lingua propria, di un lessico proprio, a volte perfino di un pensiero proprio. Tutti libri fuori standard e questo della Policastro ancora più degli altri, basti dire la naturalezza con cui passa da cose di letto (“roberto, chiamiamolo così, l’attrezzo”) a cose di chiesa (“a mani giunte, come altrimenti si pregherebbe, poi?)”, e viceversa. In classifica non me lo immagino ma per le mie orecchie è musica.