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La biografia che manca di Gianni Agnelli
Gli eredi dell’Avvocato contrastano le biografie dettagliate ma una memoria troppo difesa è, paradossalmente, una memoria perduta. Prendere esempio da "Truman Capote" di George Plimpton
“Truman Capote” di George Plimpton più che per il soggetto, uno scrittore importante ma purtroppo anche una pettegola malefica, mi è piaciuto per il metodo, un montaggio di testimonianze di persone che lo hanno conosciuto. Ne risulta una biografia polifonica, con voci sia favorevoli sia contrarie, piacevolissima per ricchezza e varietà e freschezza (sebbene risalga al 1997). Libri di costruzione tanto impegnativa forse si possono fare solo in America, dove ci sono, a differenza che in Italia, soldi e lettori. E allora posso soltanto sognarle biografie fatte così di alcuni miei eroi del passato recente, Giulio Andreotti, Alberto Arbasino, Franco Battiato, Silvio Berlusconi, Giorgio Bocca, Piero Buscaroli, Guido Ceronetti, Emilio Colombo, Lucio Dalla, Luciano De Crescenzo, Gillo Dorfles, Oriana Fallaci, Raffaele La Capria, Paolo Poli, Franco Maria Ricci ma soprattutto Gianni Agnelli che fra l’altro in “Truman Capote” è citato in quanto marito di un’amica (poi ex amica) dello scrittore. So che gli eredi dell’Avvocato contrastano le biografie dettagliate ma una memoria troppo difesa è, paradossalmente, una memoria perduta. Fra qualche anno non ci saranno più testimoni da intervistare e una grande eredità di stile andrà dispersa. Mentre molti già pensano che campioni dello stile italiano siano i cantanti tatuati.