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Ma perché nelle camere d'albergo dev'essere tutto così complicato?

Camillo Langone

"Dalle serrature agli interruttori, dal climatizzatore alle docce: c’è sempre almeno una cosa di cui non capisco il funzionamento", scrive Marisa Fumagalli in "Te lo do io il design. Storie di evitabile follia". Scoprire che il male è comune è un mezzo gaudio

“Trovo disperanti le camere di albergo. Dalle serrature agli interruttori, dal climatizzatore alle docce: c’è sempre almeno una cosa di cui non capisco il funzionamento. Io sogno soluzioni standard, non voglio dover ricominciare da capo ogni volta”. Lo dico nel libro di Marisa Fumagalli, “Te lo do io il design. Storie di evitabile follia” (Rubbettino), che è una raccolta di interviste ad addetti ai lavori (un nome su tutti: Alberto Alessi) e a semplici utilizzatori come me. Leggendo gli altri interventi scopro di non essere solo, il design autoreferenziale e disfunzionale sembra un problema per tutti, anche per i progressisti, anche per i milanesi, non soltanto per il gruppo a cui appartengo che è quello dei misoneisti di provincia. Ma allora perché rimane tutto così complicato? Perché non c’è una camera uguale all’altra, un bagno uguale all’altro? Perché in albergo devo perdere cinque minuti per spegnere tutte le luci, a volte con metodi drastici ossia staccando spine dalle prese? Caro m’è il sonno e sono cinque minuti sottratti al riposo, anzi dieci, dovendo poi farmi passare il nervoso. Sia lodata Marisa Fumagalli: la scoperta che il male è comune sarà un tranquillizzante mezzo gaudio.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).