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Lino Jannuzzi non era solo un giornalista, era un personaggio letterario
Maestro di un mestiere estinto: il giornalismo in senso stretto, quello fatto di carta e di scoop. Ma il romanzo della sua vita è anche belle donne, avventure rocambolesche, internazionali, servizi segreti e momenti plateali, scandali e processi, e grandi bottiglie
Lino Jannuzzi (Grottolella AV 1928-Napoli 2024) era maestro di un mestiere estinto: il giornalismo. Il giornalismo in senso stretto, quello fatto di carta e di scoop, qualcosa che non rimpiango perché non l’ho mai davvero conosciuto e non mi ha mai davvero interessato. A me interessa ciò che dura, la letteratura, e Jannuzzi era inoltre un personaggio letterario. Come tale è presente nei “Miei primi quarant’anni” di Marina Ripa di Meana: a sentir lei furono amanti, a sentir lui furono chiacchiere, e bisogna rispettare il riserbo degli uomini sposati. Belle donne a parte il romanzo della sua vita, per ciò che ho potuto sfogliare, è un susseguirsi di avventure anche rocambolesche, anche internazionali, servizi segreti e momenti plateali, seggi parlamentari, scandali e processi, condanne e fughe in Francia, arresti domiciliari, grazie presidenziali, motoscafi potenti, ville sul mare, ristoranti famosi, grandi bottiglie. Una volta a casa sua in Cilento stappò una magnum di Dom Pérignon millesimato e io misi volentieri in pausa il mio patriottismo antichampagne, poi mi offrì un Montecristo numero 2. Dunque il giornalismo aveva un senso, pensai. Laggiù in un passato mitico.