preghiera
Quante menti libere sono nate fra la Puglia e la Lucania
Gaetano Salvemini era di Molfetta, Francesco Saverio Nitti era di Melfi, Nicola Chiaromonte era di Rapolla. Lui fu talmente libero da poter criticare mostri sacri dell’illiberalismo quali Gramsci, Sartre, Pasolini. La solitudine nell'Italia del familismo amorale
Antitotalitari e vicini di casa. Massimo Teodori in “Antitotalitari d’Italia” (Rubbettino) mi ricorda che le menti più libere del Novecento italiano nacquero in località a me prossime, che visito spesso. Gaetano Salvemini era di Molfetta: nel 1935 a Parigi si dichiarò al contempo antifascista, antinazista e anticomunista, in un congresso zeppo di comunisti. Francesco Saverio Nitti era di Melfi: nel 1938 scrisse che “i regimi totalitari – fascismo, nazismo e comunismo – erano accomunati da alcuni elementi distintivi, il partito unico, la divinizzazione del capo, il controllo della cultura”. Nicola Chiaromonte era di Rapolla: talmente libero da poter criticare mostri sacri dell’illiberalismo quali Gramsci, Sartre, Pasolini. Con lui sto sviluppando una sorta di identificazione, forse pericolosa vista la descrizione che ne fece Mary McCarthy: “Le sue idee non rientrano in una categoria consolidata: non era né a sinistra, né a destra. Non ne consegue che fosse al centro: era solo”. So bene che la solitudine non è salutare nell’Italia del familismo amorale, delle fazioni politiche, delle mafie letterarie, e che l’amore per la libertà è malvisto laddove gli intellettuali tifano abitualmente per la censura (un solo esempio: la vincitrice del Premio Strega 2024 sostenne il ddl Zan). Ma è più forte di me, amo Nicola Chiaromonte.