preghiera
Ho scritto su Instagram "gelato al finocchio" e mi hanno tolto l'accesso al profilo
Alcune foto pubblicate, normalissimi primi piani, di piatti gustati al ristorante Lemelae di Gallio, altopiano di Asiago: “Riso al porro bruciato”, “Lumache alla brace”, “Pecora”, “Gelato al finocchio”. Chissà quali erano le parole offensive
“Gelato al finocchio”. Finocchio non si può dire nemmeno parlando di ortaggi o almeno non posso dirlo io, attenzionato come omofobo, suppongo. Ho pubblicato su Instagram alcune foto, normalissimi primi piani, di piatti gustati al ristorante Lemelae di Gallio, altopiano di Asiago: “Riso al porro bruciato”, “Lumache alla brace”, “Pecora”, “Gelato al finocchio”.
Prima mi è arrivato un messaggio esortante a modificare il post o a fare ricorso. Una comunicazione estremamente vaga dalla quale non si capiva se il problema fossero le parole “bruciato” e “brace” (troppo ustionanti?) o la parola “pecora” (troppo porno?) o la parola “finocchio” (troppo discriminante?). Io non ho modificato nulla (avrei dovuto scrivere “gelato al Foeniculum vulgare?”) e ho fatto ricorso: per tutta risposta mi hanno tolto l’accesso al profilo. Poi dicono la libertà di espressione. Sia lodato Elon Musk.