preghiera
"Viola" di Vincenzo Profeta mi ricorda che non c'è quartiere di Milano che mi convinca
La protagonista abita nel quartiere Isola, “piena di cagate radicali, tipo asili vegani”. Il centro: “Moscova è troppo tamarra, calciatori, vip, giocatori di basket, influencer, da Belen, e da chi vuole far capire che ha fatto i soldi”. Da Nolo a Prada, passando per Porta Romana
Leggo Vincenzo Profeta perché non mi piace, perché scrive molte parolacce e io detesto il turpiloquio, perché mi fa venire in mente Burroughs e Joyce, mostri sacri per alcuni e per me soltanto mostri, esponenti della letteratura incontinente. Leggo Profeta perché non assomiglia ai miei autori abituali ed erano settimane che leggevo Orazio, Baldini (Antonio), Piovene e mi sembrava di leggere me stesso, qualcosa di onanistico, di troppo comodo. Impegnandomi a leggere “Viola” (Gog) ho trovato un’antropologia dei quartieri milanesi, per me nuova perché Milano la frequento poco da quando un’urbanistica mammonica ha esautorato la Madonnina col seguente bel risultato, Africa davanti alla stazione e Asia ovunque incombano i grattacieli.
Viola eponima abita nel quartiere Isola: “Nella mia zona siamo tutti radical, giovani startupper del Pd con cani di nome Arturo. Isola è piena di cagate radicali, tipo asili vegani”. Meglio spostarsi verso il centro dunque. “Moscova è troppo tamarra, calciatori, vip, giocatori di basket, influencer, da Belen, e da chi vuole far capire che ha fatto i soldi”. Come non detto. Da Nolo a Prada, passando per Porta Romana, nella descrizione di Viola non c’è un quartiere milanese che mi convinca. Viola sia lodata: mi ha ricordato la fortuna di vivere in provincia.